È l'immobilismo di tutta questa vita che sconcerta un po’.
L’altro giorno mi domandavo come i cinesi, i giovani studenti sopportino una vita simile. Fanno praticamente la nostra stessa vita, con in più qualche riunione politica in cui si limitano in genere a leggere e a ripetere gli editoriali del quotidiano del popolo. Nessun contatto continuo con la realtà sociale. La Cina ha veramente bisogno di uno scossone. Tra le teorie enunciate tutti i giorni e la pratica c’è un abisso pauroso.
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Per ora non è neppure molto diversa l’esperienza che abbiamo iniziato oggi andando a lavorare nella Comune. Anche qui siamo abbastanza isolati dai cinesi. Abbiamo ascoltato due ‘conferenze’, una nella sede della Comune, una nella sede della brigata di produzione (unità inferiore in cui si divide la comune) dove lavoriamo. Tutte e due generiche e con le solite cose. Abbiamo mangiato da noi senza aver contatto coi cinesi e dopo abbiamo lavorato due ore scarse con contatti sporadici e non organizzati con i contadini. Ho potuto scambiare poche parole con due contadine di mezza età. Il nostro lavoro consiste nell’estirpare dalla terra le vecchie radici delle piantine di riso. (Pechino, 29 marzo 1976)