La pubblicazione di Noua plantarum genera (1729) desta immediatamente grande attenzione fra gli studiosi, e in particolare per la parte che riguarda le “piante imperfette”. Del resto esse attirano Micheli da sempre: “L’anno 1710 diedi principio a questa nobile, e così fatta impresa, ed ebbi per iscopo in primo luogo d’esaminare a fondo che cosa fosse il Fungo, la Muffa, e il Tartufo” (Ms 50).
Solo pochi mesi dopo la morte di Micheli, in una “recensione” pubblicata nel terzo volume delle Osservazioni letterarie che possono servir di continuazione al Giornal de’ Letterati d’Italia Scipione Maffei sottolinea l’importanza proprio della parte dell’opera relativa ai funghi: “Più a lungo che d’ogni altra pianta tratta de i funghi, stati sempre soggetto d’oscurissima investigazione. Numero ne adduce grandissimo di non più conosciuti, e ne forma quasi un albero genealogico, perché se ne veggano a un tratto le divisioni, e suddivisioni”. Grazie anche all’uso di lenti di ingrandimento e microscopio, strumenti a cui Linneo pare “poco avvezzo”, Micheli ne descrive i “fiori” e i “semi” cioè le spore; ne tenta la riproduzione in habitat naturale e in laboratorio: “Pruova della verità di quanto asserisce il nostro Autore intorno al seme de i funghi, è il modo di seminargli, e di fargli venire secondo la spezie che si vuole, da niuno più tentata, o pensata, e da lui messa in opera, come narra distesamente, comunicando il modo” (Maffei 1738). E, soprattutto, indica un metodo: studio dei testi (Tournefort in particolare), accurate e ripetute osservazioni dirette, sperimentazione. Un rigore metodologico definitivamente moderno, che gli consente di affermare che i funghi si riproducono per “seme” e di proporne una classificazione proprio a partire dall’esame della parte fertile.
Il dibattito sulle “piante imperfette”, e in particolare proprio sui meccanismi di riproduzione, è al quel tempo assai vivace, e agli elogi più entusiasti, elencati con generosità da Giovanni Targioni Tozzetti si alternano critiche anche aspre. Né può essere diversamente, visto che se fin dall’antichità si riteneva che i funghi si originassero spontaneamente o, se parassiti, dalla pianta malata (e queste idee sopravvivranno per buona parte del 19. secolo), la speculazione micheliana pone quesiti, come quello sulla generazione dei viventi, “cruciali per la storia naturale e per la riflessione filosofica e teologica” (Ottaviani 2010).
E tuttavia la fama di Micheli come padre della moderna micologia si consolida: “Micheli può essere giustamente celebrato come il precursore degli studi crittogamici, tanta essendo la precisione delle sue descrizioni e l’esattezza delle sue osservazioni ed esperimenti, proseguiti a partire dal 1710 e ripetutamente e meticolosamente ripetuti, da determinare, oltre la meraviglia, persino qualche diffidenza da parte di parecchi botanici contemporanei, fra i quali lo stesso Linneo; riserve cadute poi ad una ad una, anche assai più tardi, per esempio coll’opera classica di Pearson sui funghi, man mano che le specie micheliane venivano riconosciute dagli specialisti dei singoli gruppi” (Negri 1939).
I manoscritti relativi alle “piante imperfette” sono una ventina, e rappresentano una vera miniera di osservazioni, descrizioni e immagini, anche di mano dello stesso Micheli, oltre che di illustratori quali Chellini e Bonechi, di cui in mostra sono esposte diverse tavole nella sezione Funghi disegnati
Nel video una 'visione accellerata' dei funghi, visti nel momento della crescita in time-lapse
Manoscritto 50. Osservazioni e descrizioni di Funghi
Tra tutti i manoscritti evidenziamo: il Ms 57 Trattato dei semi dei Funghi e della vegetazione delle Piante entrambi con importanti annotazioni sulla germinazione, e il il Ms 50 Osservazioni e descrizioni di Funghi, in parte autografo, da cui sono tratte le seguenti citazioni:
Manoscritto 50, c3r
“Attentamente, e diligentemente osservare che arte tenevano quei minimi corpuscoli tondi, e ovati che erano, in pigliar forma di Fungo, dalle quali osservazioni veddi con il dovuto tempo non esser altro questo pigliar la forma suddetta, che un ingrandimento di tutto il corpo, un alzamento di gambo, e uno spandimento di cappello,, che stava chiuso addosso al gambo […] tutti però avanti che facessero vedere la lor forma di Fungo, stavano involti dentro ad un guscio, o spoglia, la quale in alcuna specie di essi nel crescer che facevano si disperdeva in alcuni in polvere, in altri in forfora, in altri in lanugine, e finalmente altri in piccoli pezzetti, i quali restavano permanenti sul cappello de’ medesimi per tutto il corso di sua vita”
Manoscritto 50, c5r
“Per lo che mi confermai dell’antico mio pensiero, che fossero i Funghi, Muffe, e Tartufi assolutamente piante come l’altre, e che a guisa di quelle dal seme nascer dovessero, siccome ogni altra pianta"
Manoscritto 50, c6r
“veddi tosto essere il medesimo pezzetto tempestato da per tutto di minutissimi semolini distribuiti infra di loro per quanto osservar potei, con ordine regolarissimo, e quello che più mi fece maravigliare, fu il vedere, che ognuno di loro stava situato sopra una base, la quale mi fece dubitando dire chi sa che non sia il fiore, o il calice del fior de’ Funghi”