Nonostante il codice penale varato nel 1889 prevedesse pene per tutti gli attori del duello, le autorità generalmente soprassedevano benevolmente su una pratica socialmente accettata e puntualmente praticata dalle élites. Gli stessi membri del Parlamento usavano regolare le loro questioni d’onore, oppure le polemiche «per fatto personale» sorte in aula, sfidando l’offensore.
Le iniziative fino ad allora prese per contrastare il duello non avevano avuto molto successo anche perché stentavano a trasformarsi in una voce organizzata, capace di unire attorno a sé in una sintesi efficace le varie istanze contrarie che, dunque, si trovavano affidate ad una miriade di opuscoli e di prese di posizione isolate.
Il duello mortale fra Felice Cavallotti, il «bardo della democrazia», e Ferruccio Macola, direttore della «Gazzetta di Venezia», nel marzo del 1898, segnò una svolta. La notizia della morte di Cavallotti (nell'immagine, la copertina del «Secolo Illustrato» listata a lutto), suscitò infatti un'emozione fortissima in tutta la penisola, con grandi manifestazioni di sdegno e di cordoglio, al Nord come al Sud. I funerali, tenutisi a Milano, videro una folla enorme seguire il feretro, tra imponenti misure di sicurezza perché si giudicavano molto probabili i tumulti. L’episodio contribuì al riaprirsi del dibattito sul duello e determinò il fiorire di una folta pubblicistica contro le «partite d'onore», nella quale si segnalarono specialmente i cattolici militanti, da sempre sensibili alla condanna della Chiesa nei confronti del duello, ma anche i socialisti, che lo giudicavano un pregiudizio aristocratico e borghese da superare.