Nei decenni postunitari la penisola, in controtendenza con quanto accade nel resto d'Europa, sembra percorsa da una sfrenata duellomania (il termine è d’epoca): dall’alta aristocrazia e dalle gerarchie militari, la pratica investe la vita politica parlamentare, l’alta borghesia e, sempre più, gli ambienti giornalistici.
Le «partite d’onore» trovano ampia eco sui quotidiani, che spesso pubblicano i verbali degli scontri, nonostante le proibizioni legali. I dati disponibili, certo approssimativi per difetto, contano, per il 1879-1889, 2759 scontri, alla sciabola, alla spada, alla pistola: tra militari, ma anche tra giornalisti, avvocati, politici, deputati e ministri compresi, e pure studenti e professori.
Il duello trova una regolamentazione in puntigliosi codici cavallereschi destinati ai «moderni gentiluomini», accompagnati da manuali pratici (magari tascabili, come il Codice cavalleresco italiano di Jacopo Gelli) e da ponderosi e riccamente illustrati trattati di scherma (abilità necessaria sul terreno, mentre si avvia a diventare uno sport).
Il 1869, in particolare, fu l'anno apice della duellomania. Caratterizzato da scandali e collusioni fra finanza e politica - su tutti quello della regìa cointeressata dei tabacchi - il 1869 vide infatti diversi, fra giornalisti e politici, incrociare le spade perché il loro onore era stato chiamato in causa, con l'accusa di aver ricevuto denaro in cambio di sostegno, tramite voti alla Camera o articoli sui giornali, fino ai controversi provvedimenti economici dei ministeri presieduti da Luigi Federico Menabrea. Garibaldi, con riferimento al dilagare del malcostume, definì icasticamente quel periodo come «tempi borgiani».
Nella foto: Mosè Bianchi, Dopo il duello, 1866 (© Musei Civici Monza - Divieto di riproduzione).
Paulo Fambri
Proprio in quell'anno, il 1869, il patriota veneziano Paulo Fambri pubblicò a Firenze un fondamentale tomo sul duello. Già ufficiale dell'esercito, esperto di questioni militari, deputato dal 1867, Fambri si era messo in luce come pubblicista prolifico e brillante, impegnato a diffondere le proprie idee anche attraverso narrativa e teatro.
Esponente della Destra, fu grande propugnatore della necessità del duello e della sua valenza sociale a tutela dell'onore, anche se proponeva di limitarne l'uso con il ricorso ai giurì d'onore.
Nella Giurisprudenza del duello, considerata per molti anni un autentico capisaldo dai fautori delle «partite d'onore», Fambri si occupava specialmente di duelli «derivanti da querele insolubili per qualsiasi altro mezzo e che, per minor danno, importa che risolute pur sieno».
Paulo Fambri, La giurisprudenza del duello. Libri cinque, Firenze, Barbèra, 1869 (Biblioteca Umanistica, Università degli Studi di Firenze).