La Toscana di Grandjean e il viaggio in Italia degli architetti francesi tra fine Settecento e inizio Ottocento

Antonio Brucculeri

La Toscana e in particolare Firenze acquistano una posizione di primo piano nel corso del secondo Settecento nella geografia di spostamenti e soggiorni degli stranieri, artisti e non, in viaggio in Italia. La durata sempre più estesa del soggiorno fiorentino degli architetti pensionnaires dell’Accademia di Francia tra gli anni Ottanta e Novanta del Settecento testimonia la rapida progressione dell’interesse per questa città e la sua regione ancor prima dell’annessione all’Impero napoleonico. Nel 1780 François Jacques Delannoy dedicò cinque giorni e mezzo alla visita di Firenze, nel 1786 Antoine Laurent Thomas Vaudoyer soggiornò nella capitale toscana per nove giorni, e nel 1791 Charles Percier vi trascorse circa un mese[1].

Attraverso la dominante dell’architettura domestica, la Toscana si impose alle soglie dell’Ottocento agli occhi degli architetti francesi, interessati allo studio degli edifici di età moderna in Italia. Fu senz’altro sul modello del corpus grafico che illustrava palazzi e case presentati nel recueil di Grandjean de Montigny e Famin sull’architettura toscana (1806-1815), a sua volta ispirato dalle pubblicazioni su Roma di Charles Percier e Pierre François Léonard Fontaine, che altri architetti in viaggio nella penisola quali Martin Pierre Gauthier, applicarono in seguito il medesimo approccio ad altre città italiane, nel caso specifico Genova[2].1. Martin Pierre Gauthier, Les plus beaux édifices de Gênes, Paris 1832. Frontespizio

Il carteggio del direttore dell’Accademia di Francia, Joseph Benoît Suvée, attesta con precisione la presenza di Grandjean in Toscana, insieme a Famin, alla fine dell’estate 1804, mentre i due si spostavano tra Siena e Firenze[3]. Il diario del viaggio in Italia di un altro architetto, Hubert Rohault de Fleury, anch’egli a Firenze dal 18 gennaio al 23 febbraio 1804, conferma e anticipa la presenza di Grandjean a Firenze[4]. Una lettera senza data di Grandjean a Suvée, fornisce in effetti una testimonianza precoce della sua scoperta della Toscana, e di Firenze in particolare[5]. «Florence – scriveva Grandjean – nous offre beaucoup d’études et des choses vraiment belles et tout à la fois nouvelles». Segnalando «la route par Pérouse», ritenuta «extrêmement intéressante»[6], Grandjean entrava nel dettaglio dell’itinerario di viaggio e sottolineava come «toutes les villes que l’on rencontre ne cèdent en rien à la beauté du paysage»[7]. Annunciando al direttore che «notre portefeuille s’augmente tous les jours», egli si mostrava fiducioso a proposito del fatto che «les autres villes de la Toscane nous offriront encore de nouvelles études»[8]. Il suo resoconto getta luce sulla singolarità, all’epoca, del soggiorno toscano rispetto ai limiti imposti dal regolamento ufficiale al quale i pensionnaires dell’Accademia di Francia dovevano attenersi: «malheureusement – scriveva ancora Grandjean – le gouvernement encourage peu ces sortes de voyages, ce qui fait que l’on s’en va de Rome sans avoir pu étudier les chefs-d’œuvre que possèdent toutes ces belles villes»[9].