Mario Bevilacqua
Costruito per Cosimo de Medici a partire dal 1444 su progetto di Michelozzo, palazzo Medici, poi fastosa residenza di Lorenzo il Magnifico, è subito assurto a modello del rinnovamento dell’architettura fiorentina, e delle nuove tipologie di palazzo nobiliare del Rinascimento, presto assimilato alla magnificenza di un palazzo di dinastia regnante e come tale assunto a modello nelle corti italiane tra Quattrocento e Cinquecento.
Venduto nel 1659 ai marchesi Riccardi, dopo una serie di consulti che vedono impegnato anche Bernini, di passaggio a Firenze nel 1665, dal 1669 il nucleo quattrocentesco a dieci assi su via Larga è ampliato con la costruzione di un nuovo corpo di fabbrica con ulteriori otto assi (sette al primo e secondo livello), risolto mimeticamente con l’adozione dello stesso disegno del blocco originario. Fino dai primi del Settecento si procede con la costruzione di un nuovo scalone nobile e un’ulteriore scala elicoidale, sono sistemati nuovi spazi di rappresentanza (galleria, biblioteca) e di servizio; nel 1719 viene realizzata la nuova decorazione del cortile che comprende l’esposizione lungo le pareti della collezione epigrafica entro ricche incorniciature a stucco, e l’allestimento della galleria delle statue nel giardino. Il palazzo è riconosciuto come una delle più sontuose residenze cittadine tra Seicento e Settecento. Agli inizi dell’Ottocento è posto in vendita dall’ultimo rappresentante della famiglia, ormai in gravi difficoltà economiche (Cherubini, Fanelli 1990).
Grandjean e Famin dedicano al palazzo l’intero VII fascicolo, non distinguendo tra il nucleo quattrocentesco e l’aggiunta tardoseicentesca. Nella descrizione degli ambienti e delle funzioni non prestano alcuna attenzione alla cappella dei Magi affrescata da Benozzo Gozzoli per Lorenzo il Magnifico. Le misurazioni da loro eseguite poterono forse avvalersi del supporto di diverso materiale grafico in circolazione, ma le tavole dell’Architecture toscane sono i primi rilievi quotati mai pubblicati del palazzo (Danielson 1990, pp. 290-291).