Palazzo Pitti e giardino di Boboli, Firenze (II-VIII; LXI)

Daniela Smalzi

Intorno agli anni ’60 del Quattrocento inizia la costruzione del palazzo privato di Luca Pitti; rimasto incompiuto, solo alla metà del Cinquecento sarà acquistato da Eleonora di Toledo che intraprenderà importanti lavori per la sistemazione dei giardini con l’apporto progettuale di Niccolò Pericoli detto il Tribolo. Il palazzo subirà il suo primo consistente ampliamento con la realizzazione delle ali perpendicolari e del relativo cortile retrostante per volere di Cosimo I, con il coinvolgimento di Bartolomeo Ammannati (fra gli anni ’60 e ’80). Alla fine Cinquecento, con Ferdinando I, il palazzo diverrà vera e propria Reggia con lo spostamento della corte medicea da Palazzo Vecchio: questo nuovo status sarà il motore per l’ampliamento seicentesco della fabbrica – messo in atto da Giulio e Alfonso Parigi per volere di Cosimo II, a partire dal 1618, e successivamente da Ferdinando II – che vedrà l’ingrandimento del fronte principale e dell’antistante piazza da 7 a 23 assi finestrati e la decorazione degli ambienti di rappresentanza fra gli anni ’40 e ’70. Anche il giardino di Boboli subisce in questo periodo un consistente ampliamento verso porta Romana, dove sarà realizzata la fontana dell’Isola (1637). Con la fine della dinastia medicea nel 1737 e il passaggio ai Lorena, palazzo e giardini vedono una nuova stagione di trasformazioni e modifiche: una iniziata – e mai finita – cappella imperiale nel blocco est e gli ampliamenti degli ambienti di ponente del piano nobile (Ignazio Pellegrini, 1763-66), la realizzazione dei rondeaux laterali alla piazza (iniziati rispettivamente nel 1764 e 1783, e proseguiti negli anni ’20-’40 dell’Ottocento) e della palazzina della Meridiana (dal 1776, e proseguita negli anni ’30 dell’Ottocento) ad opera di Giuseppe Ruggieri, Gaspare Paoletti, Giuseppe Cacialli e Pasquale Poccianti. Nel giardino di Boboli vengono costruiti nuovi edifici quali il Kaffeehaus e la limonaia (Zanobi del Rosso e Gaspare Paoletti, 1775-76) e trasportate molte statue e reperti antichi dalle ville di Pratolino, Poggio Imperiale e Medici a Roma (anni ’70-’90). La parentesi di dominazione francese (1799-1814) lascia tracce negli allestimenti interni al palazzo e in alcune sistemazioni eseguite da Giuseppe Cacialli (soprattutto nella Meridiana), mentre sono da ascriversi alla restaurazione lorenese della prima metà dell’Ottocento importanti trasformazioni funzionali quali il collegamento fra il cortile centrale e quello orientale, con la realizzazione del nuovo scalone di Pasquale Poccianti (1815-48). Nel 1859 i Lorena abbandonano la Toscana e il palazzo entra a far parte dei possedimenti della famiglia Savoia e del nuovo regno d’Italia (Baldini Giusti, Facchinetti Bottai 1980; Palazzo Pitti: la reggia rivelata 2003; Palazzo Pitti 2006).