XXXIII. Plan et élévation géométrale du Palais Pandolfini via St. Gallo à Florence


Pl. 33. Plan et élévation géométrale du Palais Pandolfini via St. Gallo à FlorenceLa tavola, non quotata ma corredata solo di scala metrica, presenta la veduta frontale del prospetto completo su via San Gallo e, al di sotto, nella stessa tavola, la pianta dell’edificio e del retrostante giardino che occupa oltre metà del lotto trapezoidale.
La prima rappresentazione del prospetto principale è in un dipinto che ritrae il vescovo Giannozzo Pandolfini (ca. 1525), ove si vede sullo sfondo un edificio simile all’attuale ma ancora in via di completamento; il disegno di Grandjean e Famin, che a differenza di altri rilievi successivi riporta l’intera estensione dell’edificio compresa la parte a destra ad un solo piano, riveste particolare importanza in quanto rappresenta per la prima volta l’accesso alla chiesa-oratorio di San Silvestro, preesistente agli interventi dei Pandolfini e poi inglobato nel palazzo. Per esso viene imposto, nel 1536, il ripristino dell’uso pubblico con apertura di una porta sulla via in corrispondenza della quarta finestra della fronte, porta che sarà poi richiusa nel corso dell’Ottocento. Il disegno del bugnato degli angolari del palazzo e del grande portone di accesso è accurato nella disposizione dei conci pur con un’eccessiva geometrizzazione delle bozze in pietra macigno che penalizza il carattere di rusticità dell’originale.

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È riportata la grande scritta in caratteri di gusto antiquario che interessa tre lati del palazzo, ad esclusione di quello su via Salvestrina. Su via San Gallo si legge: “IANNOCTIUS PANDOLFINIUS EPS. TROIANUS” ad attestare la committenza del vescovo Giannozzo.
Il rilievo di Grandjean e Famin verrà ripreso, con modifiche alla pianta, nel contemporaneo disegno di Carl von Fischer.
Non esiste una perfetta corrispondenza tra la fronte e gli interni, condizionati dalle preesistenze, e anche nel rilievo di Grandjean e Famin si riscontrano alcune incongruenze pur in un generale tentativo di regolarizzare la ortogonalità dei muri interni, in realtà molto vari per spessori e direzione. Il giardino è correttamente diviso in due parti, un hortus conclusus in corrispondenza della profonda loggia che incide la pianta quadrangolare trasformandola in una pianta ad U, e un giardino posteriore con l’ingresso anche da via Cavour. Un asse collega quest’ultimo con l’accesso da via San Gallo; il disegno planimetrico dei due giardini risulta diverso dalla pianta di fine Settecento (Biblioteca Nazionale Centrale Firenze, N.A., 87): Grandjean e Famin inseriscono più minute partizioni, una fontana a nicchia lungo il muro perimetrale di via Salvestrina e una fontana centrale nel giardino, elementi che non trovano corrispondenza nei documenti e in altre piante. Tra fine Settecento ed inizi Ottocento il giardino, già noto per le sue ricercate produzioni botaniche, verrà definitivamente trasformato in giardino romantico all’inglese da Eleonora Pandolfini, ultima discendente del ramo detto ‘del palazzo’, che aggiunge anche una serra.
Nel testo gli autori, basandosi su Vasari e sulle principali guide cittadine, riportano l’attribuzione a Raffaello del quale, scrivono, Giannozzo era protettore e amico, e assegnano la direzione dei lavori a “Giovan Francesco Aristotile” ossia Giovan Francesco da Sangallo, al quale subentra dopo la morte nel 1530, “Bastiano Aristotile” da Sangallo.
Grandjean e Famin apprezzano la disposizione planimetrica, giudicata semplice e comoda, con la scala che distribuisce in modo funzionale i due piani. Ritengono che la scelta di posizionare l’edificio nell’angolo, attribuita a Raffaello ma di fatto dovuta alle preesistenze, consenta di dotarlo di un’ampia corte, definendo impropriamente con tale termine la loggia del piano terra, poi penalizzata, a loro parere, dalla successiva realizzazione dell’ala ad un solo piano. Ricordano la presenza dell’oratorio di San Silvestro, posto a sinistra del portone d’ingresso e gli ornamenti dei giardini e della corte/loggia con statue antiche, fontane e vasi, doni in parte di papa Leone X, benefattore di Giannozzo.