II. Plan général du Palais Pitti à Florence

 

Pl.   2. Plan général du Palais Pitti à Florence

La planimetria generale di palazzo Pitti è la prima tavola di dettaglio del volume, preceduta da una veduta prospettica di piazza della Signoria e seguita da ulteriori sei tavole sul complesso di Pitti-Boboli. Queste tavole iniziali fanno parte dei primi fascicoli dell’opera e risultano già pubblicati nel 1806.

Il rilievo della reggia medicea non era mai stato pubblicato; Grandjean e Famin, escludendo la possibilità che abbiano eseguito ex novo un rilievo dell’intera, complessa struttura, probabilmente dovettero lavorare su piante manoscritte eseguite alla fine del Settecento (piante dello Scrittoio delle Fortezze e Fabbriche, i cosiddetti ‘cabrei di Praga’, gli album dei condotti di Pitti etc. Cfr. Bertelli, R. Pasta 2003; Contini, Gori 2004; Gori, Toccafondi 2013). La restituzione che ne propongono presenta una distribuzione degli ambienti assimilabile al piano terreno, con alcune differenze riconducibili principalmente ad un tentativo di regolarizzazione e simmetrizzazione. Nel testo si parla, ad esempio, dei due cortili laterali come “circondati da portici” e “non completati”, e nella planimetria vengono disegnati come ipotesi progettuali perfettamente delineate e speculari rispetto all’asse di simmetria del palazzo. Come è noto, il cortile di sinistra non fu mai terminato (da qui la denominazione di cortile ‘non finito’ o ‘delle colonne’), mentre quello di destra è una pura invenzione e non coincide con lo stato di fatto dell’immobile: gli ambienti circostanti alla zona del cortile del Tinello rappresentati nell’incisione, infatti, non corrispondono alle strutture esistenti.

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Nel 1833 Percier e Fontaine pubblicheranno nel volume Résidences de Souverains (Percier, Fontaine 1833, pl. 29-30) delle planimetrie di palazzo Pitti più rispondenti alla realtà (dove infatti compaiono il cortile del Tinello e la ‘salita delle carrozze’, ma anche il nuovo scalone di Pasquale Poccianti): il tentativo di Grandjean e Famin sembra dunque riconducibile alla volontà di fornire un modello tipologico più che un rilievo puntuale dello stato di fatto. La descrizione delle tre diverse tipologie di scale ne è un ulteriore indizio: lo scalone dell’ala orientale dell’Ammannati viene rappresentato in tutto il suo sviluppo (cosa che non sarebbe stata possibile in un disegno di rilievo del piano terreno, dove la quota di sezione avrebbe permesso di visualizzare il solo spezzone di rampa rettilinea all’inizio del percorso e non il sorprendente giro della ‘lumaca’), così come lo scalone a tenaglia che costeggia la grotta di Mosè.

Si riscontra semplificazione e regolarizzazione anche per entrambi i rondeaux – presentati forse secondo una embrionale proposta del Paoletti (Zangheri 1974, p. 235), o dei suoi successori Cacialli e Poccianti – nonché simmetrizzazione per il sistema del verde attorno all’anfiteatro di Boboli (anche in questo caso non corrispondente alla situazione reale).

Il testo descrittivo è memore del racconto vasariano che attribuisce la paternità progettuale dell’edificio a Brunelleschi e la realizzazione esecutiva a Luca Fancelli (quest’ultimo è infatti menzionato come collaboratore sia del Brunelleschi che dell’Alberti); la datazione proposta al 1435 è troppo precoce e, a prima vista, non risulta chiara la fonte di questa notizia cronologica tanto puntuale quanto errata. Inoltre, il cognome assegnato al Tribolo è “Braccini” anziché “Pericoli”: questo elemento rimanda inequivocabilmente al testo di Giovanni Anguillesi sul giardino di Boboli (Anguillesi 1815, p. 3) dove infatti compare questo cognome insieme ad una datazione “1453” riferita a Luca Pitti e al periodo di maggior successo della sua carriera politica: si potrebbe dunque ipotizzare che il testo di Grandjean e Famin sia stato mutuato da quello dell’Anguillesi, con un errore ‘tipografico’ di inversione delle cifre (1435 anziché 1453), e un errore di comprensione circa la datazione di realizzazione del palazzo.