Come per Pâris, il rilevo della Certosa di Grandjean e Famin poté essere impostato, almeno nella resa generale, su quello sei-settecentesco che al tempo era ancora conservato nell’archivio dei Certosini, appena prima della soppressione dell’ordine e dell’incameramento demaniale dei beni; l’unica immagine a stampa disponibile era invece la meticolosa veduta a volo d’uccello incisa da Alessandro Cecchini tra fine Seicento e inizi Settecento. Grandjean e Famin mostrano una pianta del piano terreno che non tiene conto dell’irregolarità delle varie parti della fabbrica, come evidenziato nel chiostro grande con la reiterazione della planimetria regolarizzata di un’unica cellula monastica sui tre lati, a formare un insieme di 15 cellule. Nel processo di traduzione in incisione, la pianta della cellula è resa in controparte rispetto alla situazione reale.
Nel testo, l’attribuzione all’Orcagna del primo impianto della Certosa è tratta dalla guida di Domenico Moreni, Notizie istoriche dei contorni di Firenze (1792, II, p. 113), mentre Vasari aveva accostato il nome dell’artista al cantiere solo per ricordare che il disegno era stato fornito da “valentuomini... dei quali non si sanno i nomi”, vissuti al tempo dell’Orcagna (Vasari 1878, I, p. 608).
La notazione sul numero delle celle monastiche rispecchia quanto riportato nel rilievo, esito di una generale regolarizzazione della struttura.